Lo rivela uno studio condotto dal Mario Negri Irccs e pubblicato sulla rivista scientifica Journal of Gerontology
Uno studio, condotto dai ricercatori dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri Irccs, all’interno della “misson” dell’Italian Institute For Planetary Health (IIPH), in collaborazione con la Fondazione Golgi Cenci e la Fondazione Mondino e finanziato dalla Fondazione Cariplo, pubblicato sulla rivista Journal of Gerontology, ha messo in luce il ruolo dell’acido ippurico come indicatore della fragilità nell’anziano in base al consumo di frutta e verdura in una popolazione italiana.
Lo studio metabolico, che, a partire dal 2012, ha valutato 433 soggetti di età compresa tra 76-78 anni, divisi equamente tra maschi e femmine e fragili e non fragili, ha evidenziato come la concentrazione, più o meno alta, nel sangue di acido ippurico, una molecola di derivazione alimentare, sia in grado di predire lo sviluppo della fragilità in una popolazione italiana anziana. La fragilità è una sindrome geriatrica, che si rivela in una minore capacità dell’anziano di rispondere a situazioni di stress. Attualmente, il procedimento per diagnosticare la fragilità di un soggetto è particolarmente lungo dal punto di vista clinico. La fragilità, infatti, viene valutata secondo 33 indicatori, risultanti da test cognitivi, fisici e anamnesi clinica del soggetto. Anche se la fragilità è strettamente legata ai processi di invecchiamento umano, il grado con cui questa si manifesta varia notevolmente tra soggetti della stessa età. Per questa ragione identificare rapidamente persone anziane a rischio di fragilità prima che questa si manifesti è una importante necessità della tenuta del sistema sanitario.
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